IL METROMARE DI RIMINI, PRIMO BRT ITALIANO
In Italia sono attualmente in funzione tredici linee metropolitane, tra Torino, Milano, Brescia, Genova, Roma, Napoli, Bari e Catania. Poche, ma non pochissime, come generalmente si crede.
Qualche altra è in fase avanzata di realizzazione (a Milano e a Napoli) o di prolungamento (a Catania). Ci sono poi alcuni progetti in attesa di finanziamenti. A ciò si aggiungono sistemi ferroviari urbani che svolgono una funzione assimilabile a quella di una metropolitana (a Milano, Torino, Roma, Napoli e Palermo), oltre a qualche vettore innovativo, come il Minimetro di Perugia e i People Mover a servizio di aeroporti (Bologna, Pisa), ospedali (il San Raffaele di Milano) o parcheggi e terminal crociere, come a Venezia (a proposito, come la mettiamo con lo spostamento delle grandi navi a Marghera: decine di bus in colonna sul ponte della Libertà?).
Infine c’è un impianto su gomma, ma a guida vincolata e integralmente protetto: il “Metromare” di Rimini. E’ l’unico vero BRT (“Bus Rapid Transit”) presente in Italia. Ho avuto occasione di provarlo nei giorni scorsi. Confesso che ero un poco prevenuto. Ma ne ho ricavato un’impressione complessivamente positiva.
Anche il Metromare, come quasi tutte le nuove infrastrutture di trasporto del nostro Paese (quelle dedicate al trasporto pubblico, almeno, visto che quelle stradali godono di una diffusa benevolenza), aveva infatti raccolto innumerevoli critiche. Prima considerazione di natura sociologica: nuove strade e autostrade sono largamente accettate, se non altro come un male necessario, nella speranza che servano a diluire il traffico. Quelle ferroviarie, invece (dalla Tav in Valsusa ai tram di quartiere) sono percepite dai più come un corpo estraneo di cui difficilmente si avrà occasione di servirsi. Servono a contenere il traffico viario o a ridurre la circolazione dei Tir? Forse, ma lontano dal mio cortile, secondo la nota sindrome “Nimby” mutuata dagli Stati Uniti.
Naturalmente le critiche spesso sono fondate, soprattutto in Italia. I costi sono elevati e quasi sempre sforano di molto i preventivi. Il Metromare di Rimini, lungo una decina di chilometri, pare sia costato 68 milioni di euro, cui sommarne altri 11 per il materiale rotabile. Ma questo è un argomento che da noi interessa poco, al di fuori di una ristretta cerchia di noiosi economisti, visto che, a differenza degli Usa – dove ogni opera pubblica richiede un incremento di imposte locali e viene, quindi, sottoposta a referendum – siamo un popolo fiscalmente abbastanza irresponsabile.
Ben più forti sono le resistenze motivate dal protrarsi dei cantieri, spesso dilatati da carenza di finanziamenti, fallimenti di imprese, contestazioni sull’esito delle gare, ricorsi più o meno speciosi.
E poi ci sono le proteste ambientali, spesso assolutamente pretestuose contro opere che dovrebbero ridurre la congestione veicolare e quindi migliorare la qualità della vita, ma a prezzo di qualche posto auto in meno o del presunto rumore (in città da tempo assuefatte al passaggio di fiumi di veicoli h24!) o addirittura dall’intrusione di fili antiestetici (mentre, ovunque giriamo lo sguardo, incontriamo condotte elettriche, cartelloni pubblicitari e una proliferazione incontrollata di segnali stradali, utili solo a chi vuole darsi scarico di ogni responsabilità).
Il Metromare godeva, però, di circostanze abbastanza favorevoli. E’ stato realizzato in aderenza alla ferrovia Adriatica tra Rimini e Riccione. Ha ridotto – è vero – il calibro della strada adiacente, ma trasformandola in via di quartiere e garantendo l’accesso dei veicoli dei residenti alle loro proprietà. Di rumore o di intrusione estetica è davvero arduo parlare, visto che già era presente una trafficata ferrovia a doppio binario, elettrificata e attiva anche di notte.
Serviva davvero questa nuova infrastruttura? Apparentemente no, visto che tra Rimini e Riccione corre già il treno, una linea filoviaria storica (la n° 11), la statale Flaminia e l’autostrada Adriatica.
In realtà serve eccome. Il treno, per sua natura, non può essere capillare. L’unica fermata intermedia è Miramare, mentre la frequenza dei convogli regionali – che devono coesistere con le corse a lunga distanza ed i merci – difficilmente può essere accresciuta in modo significativo. Il Metromare conta 15 fermate tra i due capolinea, incluse alcune a servizio di parchi di divertimento, come Fiabilandia, e dell’aeroporto Federico Fellini (che, però, dista parecchie centinaia di metri e, in pratica può essere proposta solo a viaggiatori privi di bagaglio). La frequenza delle corse è discreta, una partenza ogni 15′ (anche se per ora manca il servizio serale). Il tempo di percorrenza di 20 minuti è nettamente inferiore a quello della filovia n° 11, che incontra 51 fermate intermedie, e può competere con l’auto, tenuto conto del traffico medio e della ricerca di parcheggio.
Grazie al percorso aderente alla ferrovia e ad alcuni sovrappassi, la sede di scorrimento del Metromare è integralmente riservata, senza intersezioni a raso. Ciò compensa almeno in parte il limite più grave dell’intervento, ossia il fatto che lo scorrimento avvenga in numerosi tratti a senso unico, alternato da frequenti incroci, quasi sempre in corrispondenza alle fermate. Solo una circolazione regolarissima può garantire l’esercizio puntuale in sicurezza. Per questo la sede integralmente riservata rappresenta un requisito indispensabile.
La scelta modale dei veicoli impiegati è caduta su filobus con normale alimentazione aerea: scelta ineccepibile, visto che non c’è necessità di deviazioni in marcia autonoma (salvo che per ricoverare i mezzi) e non è certo il caso di parlare di intrusione estetica. Purtroppo, però, causa le solite lungaggini burocratiche degli enti preposti, l’esercizio al momento è ancora affidato a bus snodati. In compenso, si possono acquistare i biglietti (2,10 euro per l’intera tratta) a terra e a bordo senza difficoltà, anche per chi non ha dimestichezza per le app. Informazioni e accessibilità sono buone.
I limiti della scelta effettuata, in prospettiva, risiedono nella difficoltà di ampliare la rete in caso di auspicabile successo. Certo i filobus potrebbero in futuro proseguire verso Misano e Cattolica a sud, o verso la Fiera a nord del centro di Rimini. Ma questo presupporrebbe l’estensione della sede integralmente riservata, intervento certamente non semplice e sicuramente costoso. Oppure un esercizio misto, sfruttando la viabilità ordinaria, con gravi rischi per l’affidabilità del sistema, che regge sulla regolarità dei passaggi, tributari dei punti di incrocio.
Forse una soluzione tram – treno (modello diffuso con grande successo in Europa, ma da noi ancora tabù per via delle normative italiane) doveva essere attentamente considerata, tenuto conto che avrebbe potuto estendersi alla linea verso Torre Pedrera e Cesenatico, dove già insiste la ferrovia per Ravenna, e lungo la quale sono disseminate fittissime residenze, alberghi e punti di attrazione.
E’ comunque auspicabile che la filovia storica n°11 venga mantenuta in funzione sotto catenaria. E’ vero che i due impianti sono sostanzialmente paralleli e non distantissimi tra loro. Ma servono flussi di traffico nettamente diversi: più diretto e veloce il Metromare, molto più capillare e prossima alle spiagge, ai principali hotel ed ai ristoranti la linea 11. Linea che, proprio perché attraversa zone fortemente urbanizzate e congestionate durante la stagione balneare, è bene che mantenga la trazione elettrica tradizionale.
In conclusione, il Bus Rapid Transit costituisce una valida alternativa ad una metropolitana o a una tranvia moderna? A mio giudizio, ciò può avvenire solo in contesti molto particolari, come l’asta Rimini – Riccione. Un BRT può soddisfare flussi di traffico intenso, come avviene in alcune città latino americane o lungo la tangenziale di Istanbul. Ma questo presuppone l’assoluta separazione della sede destinata al mezzo pubblico dal traffico veicolare, anche nelle intersezioni. Non ci sono margini, perciò, per blandire commercianti o residenti, illudendoli che il BRT sia meno impattante – per esempio, in termini di perdita di parcheggi – rispetto a un tram. E, una volta che si scelga di realizzare davvero una linea di forza, tanto vale optare per le soluzioni consolidate.
Massimo Ferrari