RILANCIO DI TRENI E TRAM: IL DIVARIO TRA PROMESSE E REALTA’
Ultimi giorni d’agosto: un amico mi dice che gradirebbe fare un’escursione in treno ad Orta. Ottima idea, la cittadina è presa d’assalto dai turisti di fine stagione ed il parcheggio è quanto meno problematico. Senonché risulta impossibile rintracciare su internet l’orario delle corse. L’amico si rassegna ad utilizzare l’auto e, in loco, scopre che la linea Novara – Domodossola sembra chiusa.
Mi chiede se anche questa tratta sia stata risucchiata nel novero di quelle “sospese” dalle sciagurate scelte della Regione Piemonte. Non mi risulta: la Novara – Domodossola è stata elettrificata alcuni anni addietro ed impegna, tra l’altro, un notevole traffico merci tra il porto di Genova e la Svizzera, lungo un itinerario alternativo al congestionato nodo di Milano.
Ma, evidentemente, anche questa linea è interessata dalle chiusure estive “per manutenzione” che affliggono moltissime altre relazioni locali lungo tutta la Penisola. Quante? Per quanto tempo? Nessuno sa precisarlo. Al più vengono diramati comunicati a livello locale e spesso non vengono nemmeno affissi avvisi nelle stazioni. Tanto – è il ragionamento sottinteso che si intuisce – le linee locali sono utilizzate soprattutto dagli studenti e, tra giugno e settembre, le scuole – già martoriate da un paio d’anni in Dad – sono notoriamente chiuse.
Ma i lavori vengono davvero effettuati? In qualche caso certamente sì, come tra Campobasso e Isernia dove si sta stendendo la rete aerea per l’elettrificazione. In altri, si tratta al più di ordinaria manutenzione, quella che una volta si effettuava in pendenza di esercizio, come tuttora avviene, per fortuna, sulle grandi linee (ma non sempre: talvolta sono interrotte nei fine settimana anche direttrici molto importanti). Chi proprio vuole viaggiare in treno per turismo può sempre affidarsi alle accattivanti proposte di Fondazione Fs, che però, a parte i prezzi maggiori, riguardano un calendario ristretto di eventi. Si risparmia, per lo meno, non effettuando i lavori in pendenza di esercizio? Forse, ma nemmeno questo è dato sapere.
Primi giorni di settembre. Con lo stesso amico decidiamo di rifarci effettuando un’escursione ferroviaria nella Svizzera francese, fino alla località montana di Champéry, nel basso Vallese. Prezzi elevati a tariffa intera (ma quasi tutti nella Confederazione dispongono di una tessera per viaggiare in treno a metà prezzo). In cambio, un servizio d’eccellenza. Champéry conta poco più di mille abitanti, tuttavia la linea a cremagliera che sale da Aigle effettua corse ogni ora tutti i giorni, tutto l’anno. Come del resto sulle numerose altre linee locali E al capolinea condivide l’edificio di stazione con una avveniristica funivia che porta gli escursionisti fino ad alta quota.
Al ritorno ci accorgiamo, però, che anche in Svizzera si effettuano (importanti) lavori di miglioria lungo la linea internazionale Milano – Ginevra, per cui alcuni convogli locali tra Sion e Sierre sono sostituiti con bus. Eurocity e intercity sono invece garantiti grazie ad un binario unico alternato. Non avendo fretta, scegliamo il treno locale con sostituzione intermedia. I passeggeri vengono informati non solo da continui annunci vocali a bordo e da numerosi manifesti apposti nelle stazioni, ma anche assistiti da steward e hostess presenti nei punti di interscambio.
Mentre a pochi passi dai treni sono pronti parecchi bus gialli snodati delle Poste per garantire al meglio il proseguimento del viaggio. Se proprio l’interruzione si deve fare, la si fa bene. Senza badare a spese (e così si sta attenti a limitarsi per il tempo strettamente necessario). E senza prendere in giro la clientela: anche se molto ben organizzato (cosa da noi impensabile), il trasbordo sui bus costituisce un disagio e prende decisamente più tempo.
In attesa che il Recovery Plan europeo produca i suoi effetti, il divario tra il nord ed il sud del continente continua ad accentuarsi. Oltre le Alpi la ferrovia viene considerata un servizio pubblico che deve soddisfare l’intero territorio e tutte le categorie di cittadini. Al di sotto si invocano logiche di mercato per puntare su pochi servizi di nicchia, pensati per la clientela pagante, cercando di smantellare surrettiziamente tutto ciò che non presenta ritorni immediati.
Prendiamo il caso dei treni internazionali notturni, di cui, anche per contrastare i cambiamenti climatici, si prepara un robusto rilancio. Nel Nord Europa, però. Gli svedesi già programmano la relazione Stoccolma – Amburgo, con antenne da Malmo per Bruxelles. Altre città nordeuropee, da Zurigo ad Amsterdam, si preparano a connettersi. Da noi gli unici treni notturni internazionali sopravvissuti sono assicurati dagli austriaci da Vienna e Monaco verso Venezia, Milano e Roma.
Trenitalia si appresta a lanciare i Frecciarossa da Milano a Parigi in concorrenza con i Tgv francesi, Di giorno, però. Della storica relazione notturna Parigi – Milano – Venezia nessuno parla più. Ci fa buona compagnia la Spagna, che pensa soprattutto ai collegamenti veloci tra Madrid ed i capoluoghi periferici del Regno. Ma l’unico treno hotel notturno per Lisbona (una distanza tra due capitali latine di 600 km, in teoria propizia alla rotaia), sospeso per l’emergenza Covid lo scorso anno, non viene più ripristinato. Il ministro dei trasporti portoghese protesta contro l’ esclusione del suo paese dal contesto ferroviario continentale. Ma a Madrid e a Bruxelles nessuno lo ascolta.
Si dirà, il futuro del trasporto pubblico su rotaia si gioca però nelle aree metropolitane. Bene, allora vediamo cosa sta succedendo nel nostro Paese. A Milano, Atm potenzia i servizi di metrò in vista del ritorno alla (quasi) normalità. Ma Trenord continua a sopprimere senza preavviso decine di corse ogni giorno, col pretesto dello scarso traffico causa Covid E questo non solo nelle valli prealpine, ma pure sui collegamenti tributari del capoluogo lombardo. Per esempio, tra Porta Genova ed Abbiategrasso/Vigevano. In realtà (ma non lo si dice) a mancare è il personale ed il materiale rotabile spesso pesantemente vandalizzato dai graffittari.
A Roma metà della già scheletrica rete tranviaria è sospesa per carenza di manutenzione alle rotaie ed ai veicoli. In compenso anche la rete metropolitana non se la cava molto meglio, tra stazioni che vengono periodicamente chiuse per settimane causa interventi improcrastinabili dell’ultima ora (ovviamente, anche nella capitale non si lavora più in pendenza di esercizio). Mentre la linea per Ostia – che è una frazione dell’Urbe, verso cui si muovono ogni giorno migliaia di pendolari e, in estate, anche bagnanti – funziona a singhiozzo con soli tre convogli in grado di circolare.
Una cosa inaudita persino nel Terzo Mondo. Negli anni Ottanta l’allora ministro Alberto Ronchey, demoralizzato dai continui disservizi nell’Urbe, minacciava di “chiedere asilo a Berlino Est”. Oggi dovrebbe far domanda a Caracas o a Bombay
Per non parlare di Napoli, dove l’Eav riesce a garantire non più della metà delle corse sulla rete Circumvesuviana, che serve il popolosissimo hinterland ad est del capoluogo. Pare che, oltre alla solita carenza di treni in grado di circolare – l’intera linea per Poggiomarino via Scafati è ancora chiusa – una delle cause sia ascrivibile al rifiuto del personale ad effettuare straordinari. Ma se il servizio può reggersi solo sugli straordinari, allora bisogna assumere macchinisti. Perché si è tanto aspettato? E’ certo che i soldi spesi nel potenziamento (ma meglio sarebbe parlare di “minimo adeguamento”) del trasporto su ferro nelle grandi aree metropolitane non sono certo sprecati.
Il Ministro Giovannini auspica una riforma del Tpl. Ben venga, a condizione che non ci si limiti a riscrivere norme giusto destinate a restare sulla carta. Servono soprattutto investimenti mirati. L’emergenza Covid, in fase di contenimento, non può essere continuamente invocata come una scusa. I soldi dall’Europa dovrebbero essere in arrivo. Eppure, come cantava Giorgio Gaber tanti anni fa: “Le cose giuste tu le sai. Dimmi perché tu non le fai”.
Massimo Ferrari