LE SCELTE DEL GOVERNO POLACCO: CURA DEL FERRO ANCHE SULLA VISTOLA
Sarà pur vero, come sostiene qualche presunto esperto, che la “cura del ferro”, proposta dal ministro Giovannini con i fondi previsti dal PNRR, sia una ricetta vecchissima che già in passato non ha ottenuto i risultati sperati.
Resta il fatto che tutte le nazioni – e non solo quelle europee – perseguono più o meno gli stessi obiettivi. Sia economie di piano, come quella cinese, sia economie liberiste, stando almeno ai propositi di rilancio della rete Amtrak sostenuti da Biden. Sia paesi centralisti, come la Francia, sia paesi federalisti come la Svizzera. Sia nazioni molto piccole, come Israele, sia nazioni assai estese, come la Germania o la Russia.
Prendiamo un caso comparabile con l’Italia per estensione geografica (circa 300 mila kmq), ancorché meno densamente popolato (mentre proprio la concentrazione urbana semmai dovrebbe far propendere per il trasporto su rotaia). Parliamo della Polonia. Un’economia del socialismo reale fino al 1989, poi convertitasi con entusiasmo al mercato mercato ed ai consumi individuali. E che, coerentemente, per una ventina d’anni aveva migliorato la propria rete autostradale ed incentivato l’acquisto di veicoli privati. Ebbene oggi il governo conservatore di Varsavia vara un robusto piano di investimenti per velocizzare la rete ferroviaria con la costruzione di 1.800 km di nuove linee.
Pur contando “solo” 38 milioni di abitanti, la Polonia è discretamente urbanizzata, ma in modo policentrico. Attorno alla capitale, l’unica vera metropoli con oltre 1.700 mila abitanti, si incontrano a raggiera circa 30 città con più di 100 mila residenti, di cui una decina sopra i 300 mila. Benché solo a Varsavia si possa utilizzare una rete metropolitana, sono attive ben 14 reti tranviarie, alcune delle quali molto estese (oltre alla capitale, Cracovia, Lodz, Wroklaw, Poznan, Katowice, Danzica e Stettino), nonché tre filoviarie (a Gdyna, Lublino e Tychy).
Dopo la caduta del comunismo, e nonostante la crescita della circolazione veicolare, nessuna rete è stata smantellata, anzi si è assistito ad un progressivo ammodernamento dei binari e delle catenarie, al rinnovo del parco mezzi, a non pochi prolungamenti. Avendo visitato sei volte la Polonia tra il 1998 ed il 2019 posso testimoniare un apprezzabile miglioramento qualitativo dei trasporti urbani a guida vincolata che ormai sono del tutto comparabili agli standard dell’Europa Occidentale.
Il sistema ferroviario, invece, aveva conosciuto un certo declino, con la perdita di importanti quote di traffico passeggeri e soprattutto merci, la chiusura di parecchie linee locali e la diffusa obsolescenza di infrastrutture e materiale rotabile. Il piano 2020 – 2034 mira ad ovviare a tutto questo ed a rendere il treno competitivo con l’aereo e, soprattutto, con la strada sulle medie distanze, che sono poi quelle prevalenti nel paese. Infatti le maggiori città polacche distano dalla capitale tra i 200 ed i 600 km, l’ideale per un servizio intercity moderno.
La Polonia, del resto, aveva maturato una certa esperienza in materia: già al tempo del regime comunista, era stata realizzata una linea “magistrale”, adatta ai 200 km/h (prestazione poi non sfruttata per mancanza di materiale rotabile idoneo) tra Katowice, centro industriale e minerario della Slesia, e la capitale.
Il piano di investimenti contemplato dall’attuale governo prevede non già la costruzione di una singola linea ad alta velocità, bensì interventi diffusi di velocizzazione, con la realizzazione di opportune varianti nelle tratte più critiche, ubicate in dodici differenti punti della rete. Ossia un modello “alla tedesca” (nazione alla quale, nonostante i durissimi conflitti del passato, la Polonia continua ad ispirarsi), teso a migliorare i tempi di percorrenza su tutti gli itinerari principali.
Una volta completati i lavori in programma, i tempi di viaggio tra Varsavia e Lublino (175 km) scenderebbero dalle attuali 2h10′ a 1h30′, verso Cracovia (320 km) si passerebbe da 2h20′ a 1h50′, verso Danzica (329 km) da 2h30′ a 1h45′. I risparmi maggiori si otterrebbero verso Stettino, il capoluogo di un certo rilievo più lontano dalla capitale (519km), scendendo da 6h20′ a 3h40′.
Tutto ciò, ovviamente, ha un costo non trascurabile. Nel solo triennio 2020 – 2023 la previsione di spesa ammonta a quasi tre miliardi di euro. Due terzi saranno coperti da emissioni di buoni del tesoro, 450 milioni da fondi dell’Unione Europea. L’intero ammontare degli investimenti nel settore ferroviario fino al 2034 sfiorerà i 21 miliardi di euro.
Sono soldi spesi bene? Con le riduzioni dei tempi di viaggio tra le principali città polacche il treno tornerà ad essere il vettore preferito dai passeggeri, mettendo fuori gioco l’aviazione interna. Il che non significa necessariamente depotenziare il ruolo dell’aereo. Il nuovo scalo internazionale “Solidarnosc” di Varsavia diventerà l’hub dal quale transiteranno i treni a lungo percorso, oltre alle navette dirette verso il centro urbano, come già oggi avviene dal terminal dedicato a Chopin.
In pratica con la soluzione volo+treno sarà possibile raggiungere tutte le principali città polacche dalle altre nazioni europee. Ciò non toglie che verranno migliorate anche le relazioni internazionali su rotaia, per esempio verso la Repubblica Ceca e la Germania (Berlino è a 572 km da Varsavia). Oltre alla nuova linea ad alta velocità “Rail Baltica” che collegherà le capitali delle piccole nazioni baltiche.
Un guadagno di utenza ancor più sensibile avverrà rispetto al traffico stradale, visto che le percorrenze in treno saranno nettamente più favorevoli rispetto all’auto ed ai bus, anche senza considerare i tempi di penetrazione urbana e la ricerca di parcheggio. Sommata alla buona efficienza del sistema di trasporto cittadino su ferro ciò comporterà una mobilità sostanzialmente bilanciata tra strada e rotaia.
Certo non sempre tutti sceglieranno il treno (chi si sposta verso destinazioni rurali o condivide l’auto con tre o quattro persone continuerà a ritenere conveniente l’uso del mezzo individuale), ma è del tutto ragionevole prevedere una diminuzione – o almeno un contenimento – della circolazione veicolare di cui beneficeranno gli stessi automobilisti.
Il programma di investimenti ferroviari del governo polacco è, quindi, in piena sintonia con le raccomandazioni dell’Unione circa la riduzione delle emissioni inquinanti. Basterà una ripartizione modale più equilibrata a mitigare i cambiamenti climatici? Certamente occorreranno anche altre misure, per esempio sul riscaldamento o sull’agricoltura e sull’allevamento. Ma i benefici di un maggior utilizzo delle ferrovie (per le persone e per le merci) non si limitano ad una riduzione (seppur marginale) dell’inquinamento. C’è anche la diminuzione della congestione viaria e dell’infortunistica stradale, i cui immani costi indiretti gravano sulla collettività.
E c’è anche la libertà di scelta tra diverse opportunità di spostamento sul territorio. Un lusso che si possono permettere solo società davvero benestanti, come la Svizzera o l’Olanda? Non sembra, a giudicare dall’orientamento di nazioni non particolarmente prospere, come appunto la Polonia ed altri paesi dell’Europa Orientale. Ma forse a restare arroccati su posizioni superate sono proprio certi economisti che ancora rimpiangono il modello di sviluppo del Dopoguerra. Nonostante i danni prodotti in quegli anni al nostro territorio,di cui tutti ormai dovremmo essere consapevoli.
Massimo Ferrari