SALERNO – REGGIO CALABRIA (E OLTRE): UN’OCCASIONE DA NON SPRECARE
Come era prevedibile, con l’inserimento dell’Alta Velocità tra Salerno e Reggio Calabria nel Recovery Plan, si è acceso il dibattito sull’attraversamento fisso dello Stretto di Messina.
Tutto lascia presagire come siamo solo all’inizio di un interminabile braccio di ferro tra posizioni spesso inconciliabili, che minacciano di produrre molta confusione senza contribuire ad accettabili soluzioni. Cerco di enumerare per titoli le questioni che, dal mio modesto punto di vista, meriterebbero di essere affrontate. Per essere poi, possibilmente, risolte.
Innanzitutto, dovrebbe essere chiaro che una sostanziale miglioria della Salerno – Reggio Calabria (a 300 km/h, come affermato da Draghi, ma anche soltanto a 200) si giustifica solo se in prospettiva si realizzerà anche il collegamento fisso per la Sicilia (dove vivono cinque milioni di concittadini). Magari adesso mancano i fondi e non si è ancora deciso se scegliere il Ponte (a campata unica o a tre campate) ovvero il Tunnel, ma, se si realizza l’Alta Velocità sul Continente, bisognerà entro un decennio proseguire verso Catania e Palermo (le linee costiere siciliane sono già in fase di potenziamento a 200 km/h). Altrimenti non avrebbe senso investire miliardi di euro solo per avvicinare Reggio Calabria a Roma, quando l’intera Calabria conta meno abitanti della capitale.
La rotaia potrà diventare una valida alternativa all’aereo se riuscisse ad offrire un tempo di percorrenza da Roma a Catania pari o poco superiore alle quattro ore/quattro ore e mezza (un’ora in più per Palermo, un’ora in meno da Napoli), considerando che il treno carica passeggeri anche in alcuni importanti centri intermedi (Taormina, Cefalù, Milazzo). Il che presuppone sul Continente una linea veramente performante. Limitandosi ai 200 km orari si sottrarrebbe comunque molto traffico alla strada, ma i risultati nello share modale con i voli sarebbero più modesti.
Prospettare, come ha fatto il Ministro Giovannini, un potenziamento dei servizi di navigazione sullo Stretto può essere doveroso per gli anni a venire, ma non offre una prospettiva di lungo termine. O meglio, gli aliscafi possono rappresentare una valida soluzione per pendolari e studenti che si spostano quotidianamente tra i centri urbani di Reggio e di Messina. Mentre l’eventuale futuro collegamento fisso dovrà contemplare l’attivazione di un servizio di tipo suburbano frequente, esteso da Taormina a Gioia Tauro e da Milazzo a Melito di Porto Salvo (siamo, infatti, in presenza della terza area metropolitana del Mezzogiorno).
I ferries (traghetti attrezzati per il trasporto di treni) debbono essere rinnovati o ristrutturati per gestire la fase transitoria. Ma riproporre, come ha fatto il sindacato Orsa, treni diretti da Torino, Milano e Venezia alla Sicilia appare una nostalgia degli anni Settanta. Le famiglie di emigranti con le valigie di cartone non ci sono più e sulle lunghe distanze nord/sud l’aereo non è battibile. Per coloro che preferiscono comunque viaggiare via terra (a loro va la mia personale simpatia, avendo in più occasioni condiviso questa scelta) occorre proporre un servizio staffetta con cambio a Roma o Napoli a tariffa integrata e riprotezione garantita in caso di perdita della coincidenza.
Il traffico merci – via treno, ma anche via camion – crescerà, riducendo i tempi morti del traghettamento, ma non in maniera esponenziale. Parlare di “ponte verso l’Africa”, come ha detto il sottosegretario Cancelleri, anche per giustificare la sua recente conversione all’attraversamento fisso, è una bella allegoria, ma non ha molto senso. Le navi provenienti da Suez e dalla sponda meridionale del Mediterraneo possono benissimo attraccare nei porti calabresi o pugliesi, se non in quelli dell’Alto Adriatico e del Mar Ligure, liberando strade e ferrovie della Penisola da un transito ingombrante, inquinante (se su gomma) e talvolta anche pericoloso.
Per le merci che comunque approdassero a Gioia Tauro (o Catania o Palermo), e venissero poi veicolate per ferrovia verso il Nord attraverso l’Adriatica, basterebbe potenziare l’attuale galleria Santomarco tra Paola e Castiglione Cosentino (o scavarne una nuova un poco più a sud) e poi raddoppiare la linea jonica fino a Sibari e Taranto, su cui istradare anche qualche treno passeggeri diretto da Sicilia e Calabria alla volta di Bari.
Per realizzare l’Alta Velocità da Salerno, anche a 300 km/h, sembra ragionevole il passaggio attraverso il Vallo di Diano, previa costruzione di una nuova linea. A tre condizioni, però: prevedere una stazione ad Atena/Sala Consilina per servire i comuni del Vallo (magari cogliendo l’occasione per ripristinare anche la relazione Sicignano – Lagonegro, improvvidamente abbandonata negli anni Ottanta); mantenere in esercizio l’attuale tratta costiera cilentana (che serve Agropoli, Ascea e Palinuro); tornare sulla costa prima di Praia (per servire direttamente Sapri e Maratea).
Non mi pare sensato, invece, rientrare dopo Praia nell’interno fino a Tarsia e Cosenza, forando due volte la catena montuosa costiera. Per il transito delle merci e per servire adeguatamente Cosenza (in meno di tre ore da Roma, in 80 minuti da Reggio) basta e avanza il potenziamento o il raddoppio della galleria Santomarco cui ho accennato prima. A sud di Praia, invece, si possono elevare le prestazioni dell’attuale linea fino a 200/220 km/h, con (relativamente) modesti interventi sul tracciato, riservando semmai qualche miglioria più sostanziale nella zona rocciosa e instabile di avvicinamento allo Stretto. Ma preservando la possibilità di servire dirattamente i numerosi centri di una certa importanza (Scalea, Amantea, Vibo Valentia, Rosarno, Gioia Tauro, Bagnara, oltre a Tropea in diramazione), realizzando l’allacciamento con l’aeroporto di Lamezia Terme e velocizzando la bretella verso Catanzaro.
In questo modo si potrebbe allocare ragionevolmente l’ingente sforzo finanziario che l’opera comunque prevede, smentendo i soliti profeti di sprechi e favori malavitosi (che, purtroppo, in passato spesso ci hanno azzeccato). Ma che vedono i rischi connessi solo se si tratta di investimenti sul ferro, dopo aver chiuso entrambi gli occhi quando si sussidiavano molte inutili opere stradali.
Sembra finalmente profilarsi un ampio consenso tra le forze politiche nazionali e locali non solo nei confronti della Salerno – Reggio, ma anche per quanto riguarda il collegamento fisso per la Sicilia (senza il quale la nuova linea ad Alta Velocità non si giustifica). Persino nel Movimento ideologicamente più refrattario a quest’opera si registrano adesso le prime crepe.
Infatti, il grande investimento previsto dal Recovery Plan nel Mezzogiorno non deve limitarsi alla sola Calabria, ma deve estendersi anche alla Sicilia. Tuttavia va mirato bene, evitando interventi inutili e pregiudizievoli per l’ambiente, per dimostrare che il riscatto di queste bellissime regioni non è una mera utopia illuminista, ma un’occasione concreta (l’ultima, forse) che stavolta non si può sprecare.
Massimo Ferrari