90 ANNI DI ATM: QUANTA STORIA E’ PASSATA PER LE VIE DI MILANO
Nel mese di maggio 1931 veniva costituita ATM (Azienda Tranviaria Municipale, poi divenuta Azienda Trasporti Milanesi). In questi 90 anni di vita ATM ha accompagnato la storia e le trasformazioni del capoluogo lombardo.

Dagli anni Trenta, quando i dirigenti vestivano l’orbace fascista, alla Seconda Guerra Mondiale, con i depositi bombardati e le vie interrotte dalle macerie (che, però, allora venivano sgombrate in pochi giorni!), agli scioperi del 1943 che preannunciarono la Resistenza fino al fermo del 25 aprile 1945, che segnò l’avvio dell’insurrezione. E poi la ricostruzione, il boom economico, con l’apertura della prima metropolitana, ma anche gli ingorghi del traffico veicolare e la perdita di utenti (che avevano toccato l’apice nel 1961).
La contestazione, l’autunno caldo, gli anni di piombo, la “Milano da bere”: non c’è quasi un fotogramma di quelle stagioni senza un mezzo ATM a fare da sfondo, soprattutto le mitiche “28”, i tram a carrelli divenuti ormai iconici che hanno accompagnato l’intera evoluzione dell’Azienda. Il cui servizio non copre soltanto l’ambito puramente municipale, ma si estende alla fascia di comuni di prima e seconda cintura, che costituiscono quella che viene chiamata città metropolitana.
A partire dal 1984 e fino al 2014, per un terzo della sua lunga storia, ho avuto il privilegio di seguire dall’interno le vicende di ATM. Prima con il “Comitato per la città”, che si riuniva nella grande sala della Presidenza e che indusse il sindaco Tognoli a indire il referendum del 1985 sulla chiusura del centro alle automobili. Poi nel Consiglio di Amministrazione, per sei mandati, nominato da quattro sindaci di diverso orientamento politico. Forse perché ero un indipendente, espressione della “società civile”, ma il mio contributo penso di essere riuscito comunque a fornirlo.
Ho seguito la lunga e travagliata fase della trasformazione dell’Azienda in SpA, il suo risanamento finanziario, la riduzione degli organici (senza licenziamenti, però) pur accrescendo la produttività. Fino allo scoppio della pandemia, ATM era l’unica grande impresa di trasporto urbano in Italia (e una delle poche in Europa) a ripagare l’azionista di Palazzo Marino con circa il 50 per cento di introiti tariffari. Si è potuto così dimostrare che non necessariamente un’azienda di trasporto locale è destinata ad essere pesantemente sussidiata e a fornire esempi di ordinaria inefficienza.
Inoltre ATM è stata sempre alla ribalta per l’innovazione tecnologica: non solo gestisce la più vasta rete di metropolitane della Penisola (quattro linee, cui presto se ne aggiungerà una quinta, anch’essa automatica come la “Lilla”), ma ha conservato – ed in parte ammodernato, con gli Eurotram e con i Sirio – un imponente sistema tranviario di circa venti linee, parzialmente in sede protetta e proiettato oltre i confini daziari (a Cinisello, a Rozzano, per esempio). E poi l’anello filoviario di cui ora si ipotizza l’integrale automazione. E i bus elettrici, per la cui alimentazione si stanno installando i relativi totem, che permetteranno l’abbandono del diesel entro la fine del decennio.

Senza contare il fatto che ATM è stata tra le prime imprese italiane a scommettere sull’integrazione tariffaria, i documenti di viaggio incentivanti per chi utilizza spesso i mezzi, la regolazione della sosta, le “paline” intelligenti” che indicano, con accettabile precisione, i tempi di attesa alle fermate.
E ad operare oltre i confini nazionali con successo, come dimostra la gestione della metropolitana automatica a Copenhagen.
Come tante altre imprese pubbliche italiane, ATM non è stata esente da critiche da parte dei suoi clienti, giustamente esigenti, ed ha attraversato momenti bui, come negli anni di Tangentopoli. Ma, tutto sommato, credo di poter dire che l’Azienda sia stimata dai milanesi e costituisca uno strumento indispensabile per garantire la mobilità sostenibile nella seconda città del Paese. Un augurio per altri 90 anni di vita e di successi all’ombra della Madonnina.
Massimo Ferrari