UN PRIMO COMMENTO AL “RECOVERY PLAN” FERROVIARIO
Cosa prevede il PNRR, meglio noto come Recovery Plan, per gli interventi sulle infrastrutture ferroviarie? E quale primo commento si può avanzare, in attesa di conoscere nel dettaglio i singoli progetti, ognuno dei quali meriterebbe, comunque, un adeguato approfondimento?
Per quanto riguarda il Nord Italia, il piano conferma alcuni importanti lavori già da tempo avviati e precisamente: il completamento del quadruplicamento AV da Brescia a Padova (linea Milano – Venezia), il potenziamento della linea del Brennero in vista dell’attivazione della galleria di base ed il Terzo Valico tra Novi Ligure e Genova.
Nulla da dire sui primi due punti ormai da tempo condivisi, a condizione che venga confermata l’attuale posizione centrale della stazione di Vicenza e che i quadruplicamenti previsti sulla linea del Brennero siano finalizzati a separare il transito delle merci dal traffico viaggiatori nei punti di possibile conflitto, come a Trento, dove è prevista una “gronda merci” esterna al centro abitato.
Più complessa la questione del Terzo Valico. Per quanto riguarda il transito delle merci dal porto di Genova Voltri verso il Nord Europa, è necessario prevedere anche un quadruplicamento tra Milano e Lugano (intervento complesso, ma non più procrastinabile), in assenza del quale la crescita significativa di treni merci tra Milano ed il confine svizzero andrebbe in conflitto con il traffico passeggeri, sia regionale che a lunga distanza. Nelle more sarebbe auspicabile dirottare il traffico merci ad ovest di Milano, via Novara-Domodossola/Luino, come in parte già avviene, e facilitare il transito tranfrontaliero tra Lombardia e Ticino con relazioni dirette Lecco-Como-Lugano/Varese, tramite l’elettrificazione della linea Lecco-Como (non prevista nel Piano).
A sud di Milano è contemplato il quadruplicamento da Rogoredo a Pieve Emanuele, che, a mio avviso, dovrebbe essere esteso fino a Pavia (area metropolitana milanese), mentre per le future relazioni veloci Roma-Firenze-Bologna-Genova, sarebbe possibile evitare il nodo di Milano, sfruttando la già esistente linea a doppio binario tra Piacenza e Voghera.
Per quanto concerne il Centro, il Recovery Plan pone giustamente l’accento sui collegamenti trasversali tra il Tirreno e l’Adriatico. In primo luogo il completamento dell’annoso raddoppio della Roma – Ancona, che però dovrebbe essere completato con la riapertura della linea Orte – Civitavecchia, su cui in passato furono spese non poche risorse economiche, rimaste poi inutilizzate per l’abbandono dei lavori.
Ambiziosa, ma di complessa realizzazione, l’idea di velocizzare la Roma – Pescara, attualmente fuori mercato visti i tempi di percorrenza, di cui diventa indispensabile conoscere nel dettaglio gli interventi previsti.
Relativamente al Mezzogiorno, giustamente valorizzato dal programma di spesa per colmarne gli atavici ritardi, bene il completamento della linea veloce Napoli – Bari, ancorché, per renderla davvero competitiva, bisognerebbe prevedere dei by pass utili a istradare treni diretti da Roma a Bari ed al Salento, senza dover necessariamente passare per Napoli e Foggia, che possono essere collegate in diramazione da altri convogli.
Bene anche il potenziamento della Salerno – Potenza – Taranto, con attivazione della bretella per Matera, mentre, per il collegamento tra Bari e Reggio Calabria, sarebbe utile riattivare l’itinerario già esistente via Sibari – Cosenza – Paola di cui non vengono sfruttate le potenzialità.
In Sicilia non si può che convenire sul completamento del triangolo veloce Palermo – Messina – Catania, già in parte realizzato lungo le coste tirrenica e jonica, mentre per la sezione interna da Palermo a Catania occorre prevedere raddoppi mirati e modifiche di tracciato che consentano di scendere sotto le due ore tra le due aree metropolitane dell’isola, senza necessariamente procedere all’intera ricostruzione della linea.
In Sardegna, per la quale sono previsti modesti interventi nel Campidano e nel raccordo con l’aeroporto di Olbia (buona cosa se venisse realizzato in modalità tram-treno da Golfo Aranci), si perde ancora una volta l’occasione per realizzare una sostanziale variante tra Giave e Ploaghe che renderebbe davvero competitivo il treno tra Cagliari e Sassari.
La questione di gran lunga più rilevante contenuta nel Recovery Plan riguarda però la linea costiera Tirrenica Sud da Salerno a Reggio Calabria. Si tratta di una importante direttrice, già integralmente a doppio binario e relativamente moderna. Giudizio positivo, dunque, se si pensa di velocizzarla a 200 km/h – cosa possibile con interventi mirati sull’attuale tracciato – radicalmente negativo, invece, se si pensa di realizzare una linea AV nell’interno che richiederebbe un investimento insostenibile, sommato ad un impatto ambientale notevole, col risultato di allontanare il treno dai centri abitati, riducendone l’attrattività.
Stesso discorso vale per la costa Adriatica, la cui linea non è chiaramente citata nel Piano, ma in merito alla quale, nei mesi scorsi, si sono ascoltate sconcertanti dichiarazioni da parte di autorevoli esponenti governativi. Va ricordato come anche questa direttrice sia già a doppio binario, salvo il breve tratto molisano al cui raddoppio si sta finalmente ponendo mano. Anche qui occorre velocizzare l’attuale tracciato. Tuttalpiù possono essere prese in considerazione limitate varianti veloci tra Barletta e Bari (tratta comune alla nuova linea da Napoli) e, forse, tra Rimini e Pesaro, ma al fine di dedicare la linea storica ad un servizio di tipo metropolitano in aree densamente abitate.
Per concludere, è altamente apprezzabile che il Recovery Plan preveda investimenti nel settore ferroviario, anziché autostradale (anche perché così richiesto dall’Unione Europea), onde finalmente contribuire al riequilibrio tra le modalità di trasporto. Perché questi cospicui fondi siano correttamente allocati, occorre tuttavia vigilare affinché sia evitata la tentazione di impegnarli in opere faraoniche, costosissime e difficilmente realizzabili (tipo le linee costiere integralmente nuove), ma siano spesi per velocizzare le relazioni esistenti ed intervenire sui nodi.
Riuscendo, magari, a recuperare una parte dei fondi da destinare ai collegamenti regionali ed urbani su ferro, obiettivamente trascurati dal Piano (che fine ha fatto, ad esempio, la chiusura dell’anello ferroviario di Roma?), nonché alle linee storiche “sospese”, che meritano di essere riaperte per il traffico locale e turistico. E sempre ammesso, s’intende, che l’attuale Governo trovi la compattezza non solo per sopravvivere, ma anche per portare avanti un tanto ambizioso disegno.
Massimo Ferrari